I Volpazzo e le Albanese
Occuparsi del nulla e dell’attinente. È una praticata effettuata da tutti i giornalisti e semplici redattori (noi compresi come si evince da questo pur minima rubrica) quando il tempo langue e le questioni addirittura mondiali (guerre e tensioni) sovrastano prepotentemente ed espresse da tutti i canali dell’informazione.
E per non camminare su strade battute e ribattute da mane a sera, si va alla ricerca di notizie e-o personaggi improbabili ma veri, per soddisfare le esigenze mediatiche del popolo. È pratica trasfusa dal web e che dà pure certe soddisfazioni, avviando altrettanto dibattiti pressoché inutili ma forieri di interessi.
Come noi con Mariuccio Volpazzo, un pensionato di Roma-est che si alza presto la mattina e dopo aver deambulato un bel po’ nel parco, accrescendo man mano un codazzo di suoi colleghi, si reca con essi all’apertura dei cantieri comunali di pubblica utilità (scavi nelle strade per ripararle e-o posizionare alternativamente su esse, cavi, tubi, impianti o per semplicemente svuotarle e riempirle e far vedere che si lavora). La cerchia si accomoda generalmente alle barriere di protezione, ed inizia un lungo lavoro di osservazione e proposizione. In genere tale direzione non sfocia mai in valutazioni benevoli e nei confronti dell’appaltante comune, delle ditte appaltatrici e dei loro sottoposti operai, gente in genere ben disposta, ma peraltro brusca e poco ragguardevole a critiche estemporanee e non richieste. Che peraltro gli accorti e navigati “ingegneri” romani (“omini” a Milano) non si peritano di esprimere direttamente ai poco socievoli lavoranti dallo sguardo non incline alla fraternità.
Il Mariuccio da noi intervistato – sui luoghi – si è poi anch’esso pencolato con i suoi sodali, nei nostri confronti, con parole che non definiremmo di collaborazione. E invitandoci, purtroppo, nell’ordine generico che le persone usano nei confronti della stampa e cioè di andare a lavorare invece di curiosare nei fatti altrui e velatamente ma non troppo, di recarci quanto prima in quell’“escatologico” e consono a noi paese.
E come altri colleghi con certa Francesca Albanese (occhiali da “spectre”, orecchini “afgastani” e sguardo da catastrofe sul Titanic) “osservatrice” per conto dei “ruteni di rito podocarpatico” e di altre consorterie sconosciute ai più.
Che osservi, peraltro crediamo non dia né fastidio né nocumento ad alcuno e che parli egualmente, anche se con il vezzo di alzarsi ed andarsene allorché gli interlocutori non siano di suo gradimento. Ma non è poi che si rimanga scossi e turbati da parole e stramberie di questi personaggi. Sono solo, da noi della stampa e giornalai, creati, dipinti e accentuati e resi pittoreschi, per non accodarci ai tam-tam quotidiani del purtroppo caos odierno, e restare con mente e mani ferme. Tutto e nulla qui.
