Salaria, via del sale… macché
Inizierò questa breve disamina con il citare il linguista e storico pugliese Mario Cosmai (1926-2002) il quale derivava la parola Salento dal latino antico sal-salis= mare, ovvero “terra in mezzo al mare” (due mari: Tirreno e Jonio)(1)
E nel celebre Dizionario etimologico di tutti i vocaboli che traggono origine dal greco(2) le parole: als-alos (da cui deriveranno le latine) hanno lo stesso primiero significato: mare. E tale accezione va oltre i tempi antichi e trasla nell’inizio dell’uso della lingua italiana, nel ’300 Dante nella Divina Commedia, III° Canto-13-14: “metter ben potete per l’alto sal vostro naviglio”. E successivamente anche il poeta Antonio Cammelli (1436-1502) detto il Pistoia, nelle Lettere: “andorno nel sal, con l’altrui nave”. Quindi il toponimo: salara-ia, non va inteso come “strada portatrice di sale”, come comunemente addotto, ma come “strada che unisce e collega due mari” (salis).
Sarebbe però capziosità semantica suscettibile di analisi e discussioni, limitarsi alle etimologie che cambiano linguisticamente nei tempi, nei modi e a seconda di chi le usa. E quindi esporrò alcune linee storiche e delle considerazioni tecnico-merceologiche inerenti non solo il mondo antico.
La via: la Salaria dice il Nibby(3) citando Strabone(4): “È stata costrutta a traverso loro (ai Sabini) la via Salaria, che non è lunga, nella quale si confonde la via Nomentana presso Ereto castello della Sabina posto sopra il Tevere, la quale comincia dalla stessa porta Collina”. Poi Festo(5) che ne da – unico – anche l’etimologia, che da allora verrà applicata pedissequamente alla strada: “Salariam viam incipere ait a porta quae nunc Collina a Colle Quirinale dicitur; Salaria autem propterea appellabatur, quod impetratum fuerit u tea liceret a mari in Sabinos salem portari”. Livio(6) con la notizia che i Galli si accamparono in essa: “Galli ad tertium lapidem Salaria via trans pontem Anienis castra habuere” nel 390 anno di Roma, ci dice che fu la più antica, precedendo l’Appia che viene considerata la prima vera strada di Roma costruita da Appio Claudio Censore il Cieco nel 442. La strada che partiva da Porta Salaria a Roma arrivava ad Hadria (Atri) dopo un percorso di 150 miglia romane, e cioè circa 232 chilometri. E va anche detto come la via e le variazioni di essa erano certamente di origine pre-romana e che essi romani ebbero il merito di renderla unita ed omogenea; come si evince dal poderoso e fondamentale studio del Persichetti sulla strada, dei primi del ’900(7), ove motivando aggiunge, come “i sabini prendessero il sale dalle spiagge adriatiche anziché tirreniche”.

Cosa dunque oppongo all’antica dizione di Festo, che la descrive come “strada del sale”? La prima semplice considerazione è, che par strano che una strada adibita al trasporto del sale come compito precipuo nell’esser costruita, non partisse dalle saline di Ostia (dalla costa) ma a 14 miglia (20,7 chilometri) di distanza, internamente nella città, con un percorso davvero singolare ed inconsulto, anche perché non v’è collegamento, né distanza ravvicinata tra la Salaria e la via Ostiense che partiva da Ostia e finiva alla Piramide Cestia (San Paolo), o la via Campana che secondo alcuni autori partendo dalla costa poi raggiungeva la Salaria (e che invece terminava all’isola Tiberina). E anche se sappiamo che sia ai piedi dell’Aventino presso la Porta Trigemina, che ove iniziava la Salaria, vi erano i magazzini del sale (ma non solo quelli)(8), la seconda altrettanto logica osservazione è comunque: ma se essa strada portava il sale ai sabini-umbri, poi lì si sarebbe fermata in un dato luogo, perché proseguire per le coste adriatiche che di sale ne avevano del loro e migliore? Proseguo con delle note tecniche-merceologiche sul sale (cloruro di sodio) che per essere ottimale e trasportabile, deve avere un elevato grado di purezza (oltre il 90%) e per ottenere tale condizione, il clima deve avere 6-7 mesi di evaporazione e grandi temperature, condizioni ottimali nel Sud-Italia, mentre al Centro la situazione non è altrettanto idonea. Ma v’è di più: nelle saline (stagni) d’Ostia v’è lo scarico a mare del “biondo” (fangoso) Tevere, che oltre a diluire la salinità delle acque, porta con se le impurità del limo. Il sale che vi era ottenuto è senza dubbi un sale grigio “sporco” (una delle prerogative della fabbricazione del sale è tecnicamente il suo continuo lavaggio in acque correnti pure) e deliquescente, non omogeneo e poco adatto ad essere trasportato, un prodotto di second’ordine; certamente usato per tutte le prerogative dell’epoca (ed in special modo per la conservazione – in salamoia – del pesce, prodotto romano per eccellenza e che veniva anche esportato: il garum) ma non certo da costituire una materia prima da inviare lontano. E tra l’altro non si hanno notizie storiche di come i Romani producessero il sale, che aveva un difficoltoso e tecnico processo di raffinazione, né di una sua commercializzazione nell’ambito mediterraneo (ed infatti non vi sono studi inerenti). Si può immaginare che facessero evaporare l’acqua di mare in profondi tini interrati; non risulta che usassero il fuoco per riscaldare l’acqua, la ove la stagione ed il sole non permettevano l’essicazione, così come – con un processo tecnicamente avanzato – era uso nel resto del centro-nord Italia(9).
Anche le saline di Cervia (antica Ficocle) sul lato terminale della Salaria erano interessate a nord dalla vicinanza della foce del fiume Tronto, ma con meno scapito della costa romana, tant’è che dette saline sono ancora in uso. Dunque costruire una strada per un prodotto non ottimale e poco conservabile – e che era poi anticamente soppiantato dai popoli dell’interno con l’economico sale che ricavavano dalle ceneri delle piante – sembra poco probabile.
È ora di assegnare alla Salaria il suo vero uso e significato: era un’antica strada pre-romana, che univa due mari (salis: Tirreno e Adriatico) e che permise e le imprese militari romane ed i cospicui traffici con le popolazioni interne (tra l’altro i sabini furono tra i fondatori di Roma), coadiuvata dal percorso fluviale di risalita del Tevere con le navi caudicarie, queste adibite precipuamente al trasporto del pesce, del sale e delle verdure. Forse fu la strada più antica di Roma, costruita su precedenti manufatti dei popoli italici-sabini e per i loro commerci, resa solida e secondo le tecniche dei romani, che le avevano apprese dai cartaginesi nel corso delle guerre nel mezzogiorno d’Italia(10). Aveva un corso percorribile anche d’inverno non avendo elevazioni sopra i mille metri di quota nei valichi, e riportarla al suo vero e naturale ruolo, anche nel nome, mi sembra cosa opportuna. Tanto più che a volte molti storici – mancando loro le fonti – scelgono, è il caso di dirlo, la “strada” più breve, saltando sia ricognizioni filologiche che ricostruzioni logiche.
Articolo pubblicato nel periodico “Salute più” nell’ottobre 2013
Note:
1) M. Cosmai – Antichi toponimi di Puglia e Basilicata – 1991
2) A. Bonavilla – A. Marchi – Dizionario etimologico di tutti i vocaboli usati nelle scienze, arti e mestieri che traggono origine dal greco – 1819
3) A. Nibby in Roma antica di Fabiano Nardini -1820
4) Strabone – Libro V – pag. 148
5) Festo – De verborum significatu – II secolo – su manoscritto mutilo dell’XI secolo
6) Livio – Libro VI e VI
7) Niccolò Persichetti – La Via Salaria – pag. 15 – 1910
8) De Martino – Storia economica di Roma antica – 1980
9) J.C. Hocquet – Il sale e il potere – 1990
10) A. Nibby – op. citata