Lettera aperta al sindaco di Roma Roberto Gualtieri
Signor Sindaco saremo tra quelli che sgomitano per farsi sentire, perdippiù da una piccola pubblicazione di provincia con titolo pomposo, edita da una vecchia piccola associazione, e che uscirà quando potrà ma di questo disponiamo ed anzi, rispetto a tanti suoi cittadini che da mane a sera lavorano e vivono con la testa bassa e imprecando tra se e se, siamo diciamo speranzosi che se non lei qualcuno del suo staff la leggerà. In più “gente da libri” e a bocca aperta “alle storie” siano di paese, borgata o dei libri di testo, quella gente “un po’ così”.
Il redattore manca dalla città – per motivi di trasferimento – da 4 o 5 anni ed entrandovi ha notato subito una sorta di incuria – che per carità v’era anche prima – ma pianificata. Ovvero sembra una sorta di maleducazione spontanea e comune, in una metropoli ove convergono d’altronde tipologie di gente svelta da tutto.
Una maleducazione imperante, insegnata dai comportamenti delle famiglie, masse abbruttite da un mondo consumistico e votato al Re denaro, con le scuole che non ce la fanno neanche a ben insegnare figuriamoci se possono far corsi perpetui di educazione civica e sociale. Invece di inculcare i doveri siamo finiti nell’epoca dei soli diritti. Diritti pur sacrosanti, quelli delle donne abusate e sottomesse, dei diversi per etnia e provenienza, per malattie, per orientamenti sessuali e politici, quelli degli abitanti nelle estreme disagiate periferie, di chi abita nei quartieri chic, di chi fa chiasso la notte ed il giorno, di chi alza la voce, del turpiloquio, di una tv tutta che sminuisce e mercifica le donne come prosciutti; diritti che gira che ti rigira, conducono all’abbandono dei doveri civici sociali, di cui, v’è da dirlo, neanche si parla, non interessa e non porta né voti, né consensi, né tantomeno pecunia. No l’abbandono esiste come le auto od i palazzi o i lampioni, c’è come costante. Non v’è a volte nulla dietro le siepi e gli angoli nascosti, no, “la mondezza” è visibile alla fermata del bus, di fronte al negozio, sui gelsomini della rotonda, neanche i sacri fiori impediscono per un senso recondito di bellezza posto in ogni essere del creato o dell’evoluzione che si voglia, la maleducazione e l’abominio.
E allora non v’è nulla da farsi? Qualcuno insieme a noi e con altri opposti propositi pensa di no, sempre sulla parola e sulla carta sinora!
Ad esempio già nel 2019 l’ex sindaco della città Francesco Rutelli dava l’avvio a “una scuola d’eccellenza per governare la Capitale”. “Roma non si gestisce solo con un sindaco ma con 100 persone formate e qualificate” e questa sua scuola avrebbe garantito ciò con tanto di diplomi ed attestati. Di questa scuola ad oggi non se ne sa più nulla: o non si sono trovate 100 persone, o i percorsi sono a livello universitario e ci vogliono anni per completarli e, terminato che ne sia l’excursus, una pletora di professionisti, speriamo, verrà a soccorrerla ed aiutarla.
Come nell’agosto del 2023, dove sortì una task force di think tank (una forza speciale di esperti in diverse discipline per analizzare e risolvere problemi economici, politici, sociali, ambientali) si offrì a lei (all’insaputa dei molti che non leggono i giornali e dei molti al mare) una costituita Fondazione la “REgeneration”, una no-profit con un report per intrattenere capitali internazionali, invertire il trend con sviluppo green della capitale (con l’abbondanza dell’inglese tutto appare più professionale in una città antica ancora legata al dialetto e alle desuete allocuzioni latine). E entro l’anno 2023 sarebbe partito il concorso di rilancio e progettazione delle aree meno valorizzate e intrapreso un dialogo con il Comune, con le amministrazioni territoriali limitrofe, con il Governo e con altri soggetti privati e pubblici.
Questa nuova fondazione emerita “RE-generation” avrà a cuore i problemi di Roma con delle società fondatrici IMMOBILIARI! E qui il redattore, per aver studiato per diletto e conoscenza a lungo sullo sviluppo urbanistico della capitale, dai famigerati Savoia fino agli ultimi poco urbani Piani Regolatori e che hanno attraversato in lungo e largo, destra e sinistra, le italiche sponde (alcuni li hanno chiamati i “sacchi”, come l’ultimo cruento operato dai lanzichenecchi tedeschi nel 1527); il redattore trasale.
Gli immobiliaristi detti a Roma “palazzinari” compaiono in certe sigle delle dette costituenti: DEA CAPITAL RE (Gruppo De Agostini), INVESTIRE Sgr (GruppoFinnat) FABRICA IMMOBILIARE Sgr (Gruppo Caltagirone). Costruttori e autorizzati gestori del risparmio, e che, almeno per ora, costituendosi sui giornali non indicano né oneri, né profitti, né eventuali piani cementizi (sempre per carità sociali e a favore del popolo minuto e svantaggiato, come case popolari, ospedali, scuole e asili ed istituti assistenziali per cui sono peraltro famosi! …chi più chi meno). Interventi per 144 miliardi di euro entro il 2050! Proclamano, ad un parterre, in cui intervengono insieme a lei signor sindaco, una serie di amministratori: Poste, Acea, altri Enti pubblici e privati.
E arriviamo al Giugno 2024 con un evento (Sfida Capitale) pubblicizzato in prima pagina sul Messaggero quotidiano della capitale di proprietà del Gruppo Caltagirone (uno dei fondatori della citata sopra fondazione REgeneration): “Roma, una Ferrari senza benzina” e giù la sfida, dare carburante alla città pilota d’Italia. Ma, e stranamente, il presidente del giornale organizzatore l’evento, il Cavalier Francesco Caltagirone, non citava (almeno sulla cronaca del quotidiano non ve ne era traccia, ma potrebbe averlo comunicato a pochi intimi suoi sodali) la fondazione emerita dell’anno prima la Regeneration, che avrebbe rinnovato l’asse romano in una nuova socialità.
Ma intervengono altri salvatori e promotori dello sviluppo e futuro della città: Lanzetta (Enel) Tomasi (autostrade) Marullo di Condojanni (Angelini Industries) Di Foggia (Terna) Bisagni (Unicredit) Folgiero (Fincantieri) e Salvini il ministro padano che tuonava: “Servono fondi e maggiori poteri” e che seguirà gli sviluppi a livello di “stalking”!! Negli ulteriori volenterosi che volevano resuscitare la città, si distinguevano nella cronaca, Giulia Lapertosa fondatrice di Carriere.it piattaforma online, che ha scelto (lei) la città eterna perche i dati (?) “ci dicono che vibra” sic. Gianluca Comandini, fondatore di Blokchain Management School e You&Web, un po’ amareggiato per una città “che non ascolta le buone idee” (le sua).
E aspettando una nuova cordata tra un anno che si metterà a disposizione di lei e di Roma, le chiediamo, ma i programmi messi sulla carta vera dei progetti ci sono? O il problema – paventiamo noi – e spaventa questi proponenti ricchi di idee sono i fondi, si quelli degli investitori (così si chiamano in una economia capitalista o liberista qual siano coloro che vogliono attuare, costruire, progettare qualcosa) devono mettere. Il sospetto, dica la verità, le è venuto ed ecco perché lei vuole i tavoli con Regione e Governo: i soldi da investire li dovrà tirare fuori il cittadino, il popolo, altroché!
I suoi onorevoli ospiti e-o anfitrioni, tutti allo standing dinner (“cena in piedi” in una capitale, non era fine) tra risa, abbracci e calorose strette e vino, certamente anche buono. Dei taralucci non v’era notizia!
Perché, e chiudiamo signor sindaco, Roma è fatta da cittadini, uomini e donne, che innanzitutto hanno bisogno di cultura, di verde, di arte e di bellezza e la sua amministrazione – come le altre che sin qui ci hanno condotto – ha sempre guardato la luna e adesso inciampa sempre di più nei rifiuti e nel malcostume. Compito della politica non è adeguarsi alle patologie di una società liquida e virtuale e di leggi ad essa accomodante – leggasi Bersani – che ha svelto radicalmente, con la sciagurata liberalizzazione delle licenze, il tessuto connettivo e sociale del popolo italiano tutto, dando la possibilità a chiunque di aprire bar, tavole calde, rosticcerie e tutta quella orrenderia per il palato e per il corpo da fast-food che non ha bisogno alcuno né di professionalità, né di tradizione; il compito della politica è cambiarlo. Specialmente in una città gloriosa di memorie e bellezza come Roma, con decisioni e anche forzature al facile e deteriore andazzo, nell’interesse di un mondo migliore e di tutti. Accondiscendere ai poteri ed ai più forti, al degrado e alla maleducazione, al non rispetto, può portare e solo alla criminalità e alle tensioni sociali.
Inizi a far piantare fiori e a far pulire dai “renitenti” della pubblica amministrazione strade e giardini, dia le scope in mano ai tanti immigrati gettati dai porti sulle strade (la chiamano in Europa “accoglienza all’italiana”), dia loro il senso di abitare, espulsi o costretti ad abbandonare la propria terra, nella città più bella del mondo.
Ne andranno fieri in poco tempo e senza jus governativi di sorta. E ai romani ridia le librerie, i cinema d’essai, le sale per concerti e per le presentazioni culturali, e campi da gioco, palestre, locali di intrattenimento giovanili, ricostruisca sul serio il vero artigianato (non quello dei bijoux, delle paste di sale o dei prodotti riciclati o anche dei vestiti e della pelletteria fatti in Cina o in Italia dai cinesi e spacciati come vero artigianato italiano) pagandone perlomeno i canoni, che sono tanti gli uomini e le donne di buona volontà e di valore che si adopererebbero alla bisogna.
Releghi a forza la burocrazia, si doti di avvocati che sappiano aggirarla (a tanto siamo arrivati!), che le sue leggi fatte per il rispetto e diritti e doveri per tutti in realtà bloccano e solo i buoni intenti, che quelli cattivi se “ne fregano” dei burocrati e delle leggi.
Servizi per cittadini migliori, con una alimentazione più sana, con riflessi sulla sanità assediata ora da “obesi malnutriti”. Ed educazione civica a josa per altri, che non sporcheranno e non trasformeranno la città in movida e maleducazione permanente com’è ora, dal sorgere del sole al suo calare.
Si accorgerà per i modesti o non certo risolutivi miglioramenti che vorrà attuare, di non possedere la bacchetta magica, ma tacitulus taxim scriveva nelle satire menippee Varrone. Naturalmente, sarebbe da sciocchi dare indicazioni e per di più così semplicistiche o consigli, tutto sommato altre parole, ad un sindaco di una città mondiale, ma non abbiamo altro, siamo talmente stati ridotti così male da essere dei qualunquisti “qualsiasi”.
E per così ci prenda, come una finestra aperta con un po’ di vento che scompiglia le carte nella scrivania, e subito chiusa.
Buon lavoro comunque.
Prologo alla lettera al signor sindaco, in virtù di un sassolino:
che deve essersi infilato nelle scarpe percorrendo le varie strade, non propriamente tirate a cera, che portano al cuore dell’Amministrazione romana nell’estate del 2022 e che facciamo ancora fatica a togliere.
Un po’ d’ordine: membri dell’Umaif (Unione Mercanti d’Arte in Fiera) associazione culturale fondata nel 1992 e dal 2001 nell’Albo Organizzatori della Regione Lazio ed Editrice, grazie ad amici politici di Monterotondo (Rm) avevano individuato nella figura istituzionale della Presidente dell’Assemblea Capitolina Svetlana Celli, persona capace e di spessore, un’interlocutrice valida per una proposta di una manifestazione permanente mensile sui libri e sulla carta stampata “come memoria storica dell’uomo” e che voleva riproporre una manifestazione analoga svolta negli anni 2000 SOLO CARTA nella città di Valmontone e grazie alla perspicacia e cultura del suo allora sindaco Angelo Miele, grande amministratore e fine uomo, purtroppo scomparso.
E terminata dopo anni per la dovuta ristrutturazione completa del Palazzo Doria-Pamphily ove aveva dimora la grandissima fiera con oltre 200 espositori mensili. Portare un evento simile nella città capitale che, unica delle grandi città italiane, non annovera una qualsiasi manifestazione sui libri ci era parsa e nonostante un grande impegno da soddisfare “cosa buona e giusta”.
La Celli riguardosa delle competenze specifiche cittadine ci indicava nell’Assessorato alla cultura il nostro giusto interlocutore e ne organizzava un incontro con il suo assessore Miguel Gotor saggista, professore universitario, insomma la persona giusta al posto giusto, ci dicemmo oltremodo soddisfatti! Dopo poco tempo l’incontro avvenne non con il titolare detto ma con una sua collaboratrice all’assessorato la dottoressa Beatrice Cirulli (ricercatrice nella storia e conservazione dell’oggetto d’arte, “storica del collezionismo”) non male come curriculum, anzi bene!
I membri Umaif andarono all’incontro con un valigione ove erano: progetti originali di villa Pamphily a Roma, lettere di Garibaldi, libri del ’700 di medicina e astrologia, giornali, pubblicità e cartellonistica e mille altre cose… memorie storiche dell’uomo appunto. La Cirulli ne fù interessata ma ci svolse un altro discorso – già preparato: “vedete io ho abitato in zona S. Croce in Gerusalemme: quando ero piccola v’erano gli artigiani, le piccole botteghe, i negozi di vicinato, le librerie, ora solo bar e ‘kebbabari’, il mondo, la società anche quella romana è cambiata… è il cittadino che costuma e detta le scelte alla politica” (?!).
E proseguì: “un progetto del genere al centro di Roma e quale esso sia… burocrazia, spazi, problemi di canoni di occupazione, insomma… vedrò, parlerò, vi farò sapere”… Noi basiti che portatori di una manifestazione culturale mancante e certamente benefica in una capitale annichilita, piena di degrado, di ambulantato dozzinale e di abusivismo, ci vedevamo relegati in una delle tante altre proposte comuni, in una città dimentica di ogni storia e grandezza con i legionari-souvernir di plastica al Colosseo, con i leoni e le tigri che fanno ciao con la zampina dai teli stesi in terra al Foro, o quelle abominevoli cose stampate vendute a Castel S. Angelo o a Piazza Navona…
Nota necessaria: la Cirulli non ci fece sapere più nulla e la presidente Celli ci offrì anche in seguito la sua collaborazione per la realizzazione in qualche modo del progetto, ma noi avviliti e nella considerazione di dover mettere anche denaro e tempo e tantissimo impegno per svolgerlo, abbiamo rifiutato il suo pur gradito impegno.
In sede sociale l’assemblea riunita ci rampognò: alcuni ci dissero – avute si alte entrate – come avessimo dovuto portare come programma altre manifestazione più “frivole”. Una Rassegna canora o cinematografica (che pare di questi tempi siano le imperanti culture). E già e allora – e per far cassa -, perché no, una “Festa del porco” o la Sagra del Panunto, o anche e con un ché di culturale: Rimembranze della fava e del pecorino nella Campagna romana, e analoghe che “forse, forse… sarv’ognuno… ciannava mejo”!
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